Archive for Novembre 18th, 2017

18th Novembre
2017
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Di seguito l’intervista all’On. Vanna Iori autrice della proposta di Legge 2656 “Disciplina delle professioni di educatore e pedagogista”, fatta dai microfoni di radio Kairos Bologna dai nostri colleghi.

La legge non affronta il tema dell’unificazione dei profili professionali pedagogici (L 19) e sanitari (L/SNT2), istanza a noi della Rete molto cara e per la quale ci siamo battuti affinchè si arrivasse a stabilire un profilo unico, poichè crediamo che qualsiasi sia l’ambito d’intervento degli educatori, la nostra professionalità si fondi sempre su basi pedagogico-relazionali.

La proposta di legge 2656 ne riconferma la diversificazione e si prefigge di dare riconoscimento e normativa agli educatori socio-pedagogici stabilendo l’obbligo di laurea per chi ne vuole esercitare la professione e la possibilità, per chi già esercita la professione da anni, di raggiungere l’equiparazione attraverso un corso intensivo da 60 crediti, a carico di ciascun lavoratore, lavoratrice.

La divisione e frammentazione della categoria è ancor  più spinta dalle forze politiche e accademiche che operano nell’ambito sanitario, infatti per gli educatori socio-sanitari, laureati presso le facoltà di Medicina e Chirurgia (LSNT2), già dal 1998 col D.M. 520 esiste una legge che ne disciplina il ruolo e l’esercizio professionale.

Anche il recente D.D.L. Lorenzin, in attesa di approvazione, va ad istituire un’area delle professioni socio-sanitarie, dove si inseriscono o.s.s., assistenti sociali ed educatori professionali di classe L/SNT2, andando a consoidare ancor più il paradigma che esistono educatori differenti con ruoli e professionalità differenti, cosa che attualmente si scontro fortemente con ciò che succede all’interno dei Servizi in cui gli educatori svolgono tutti le medesime mansioni, in relazione semmai con altre figure professionali di carattere sanitario-riabilitativo.

Evidentemente uteriori cambiamenti di prospettiva sono in atto, sia dal punto di vista della rimodulazione dei Servizi (nei casi in cui non sia smantellamento puro), sia dal punto di vista dell’esercizio della professione per gli operatori sociali.

Ciò che invece è già realtà da molto tempo ed è una realtà in peggioramento, come nel resto dei settori lavorativi maggiormente colpiti dalle forme di precarizzazione operate sia dai governi che dai datori di lavoro, sono le condizioni di lavoro e le condizioni di qualità dei Servizi, che colpiscono gli operatori e gli utenti con cui lavorano.      E’ per questo che esite questa Rete, come anche altre nel paese, perchè crediamo che sia necessario, come lavoratori e lavoratrici del sociale contrastare questa “deriva anti-sociale” e stabilire noi cosa è qualità, professionalità, dignità del lavoro sociale, a partire dalla battaglia per un migliore contratto di lavoro.

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18th Novembre
2017
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La vittoria in tribunale della collega Loredana, contro una delle più grandi Cooperative del centro Italia.

Tutto iniziò quando L. si riufiutò di firmare un accordo illegittimo stipulato tra la Cooperativa COOSS Marche e i sindacati confederali in tema di inquadramento contrattuale che portò inizialmente ad una riduzione del 40% delle ore di lavoro per l’educatrice e successivamente a 0 ore!

La sentenza del tribunale ha dichiarato che:

L’AZIENDA COOPERATIVA NON PUO’ FAR RICADERE SUI LAVORATORI IL RISCHIO D’IMPRESA (CON MODIFICHE SOSTIANZIALI DEL CONTRATTO DI LAVORO) DOVUTE A MODIFICHE DEI TERMINI DELL’APPALTO CON LA COMMITTENZA.

L’USO DELLA BANCA ORE CONTINUA AD ESSERE IN MOLTI CASI ILLEGITTIMO! UN MECCANISMO ELUSIVO DELL’OBBLIGO DI RETRIBUZIONE.

 

Grazie a Loredana, grazie ai colleghi e le colleghe anconetani/e che l’hanno sostenuta e oggi condividono questa esperienza incoraggiante per tutti/e; grazie all’avvocato M. Laratro

https://www.facebook.com/1558882471021315/videos/1986277981615093/

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18th Novembre
2017
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Pubblichiamo la lettera arrivataci da un’educatrice milanese che descrive con molta chiarezza, la situazione generale, ad ogni inizio d’anno, dei Servizi di Integrazione Scolastica gestiti, con delega alle cooperative, dal Comune di Milano. Una situazione di tagli che sempre più fa male sia ai minori in difficoltà e alle loro famiglie, sia agli educatori che lavorano quotidianamente con loro per sostenerli nel diritto allo studio e alla socialità. Quanti potrebbero essere i firmatari di questa lettera? Quanti vivono le stesse condizioni lavorative?

Noi ci uniamo al grido della nostra collega, continuiamo a sostenere tutti i colleghi e le colleghe del milanese che cercano un sostegno per contrastare le ingiustizie all’interno dei Servizi in cui lavorano, continuiamo a promuovere l’incontro e l’organizzazione dei lavoratori e lavoratrici del sociale per costruire vertenze in difesa dei diritti dei lavoratori e degli utenti con cui lavorano.

Rete Operatori Operatrici Sociali Milano

Milano, ottobre 2017

Questa è una lettera aperta rivolta a tutti coloro che hanno a cuore la vita delle persone più fragili che abitano la nostra città: i minori diversamente abili o in situazioni di disagio sociale ed economico. La diminuzione delle risorse stanziate per la loro integrazione nell’ambito della scuola da parte del Comune di Milano è sempre più preoccupante. A scuola ogni bambino trascorre un tempo importante della propria vita. Dovrebbe essere accolto e favorito nel processo di socializzazione oltre che di apprendimento.

In questi anni nelle scuole della nostra città assistiamo invece alla penalizzazione di studenti in situazione di difficoltà e delle persone che con loro lavorano.

Sono una donna di 30 anni e faccio l’educatrice da tempo, nelle scuole, dedicandomi proprio a questi minori. Anche quest’anno dopo i 3 mesi estivi di disoccupazione, a causa della precarietà cronica del mia categoria, sono tornata nello stesso istituto dove lavoro da 7 anni. Come ogni volta ho firmato nuovamente il contratto ma, anziché le 30 ore degli anni precedenti, me ne hanno accordate solo 20. Ho fatto due conti. 20 ore per 7 € e qualcosina.. dovrei arrivare a 600 € al mese.

Tra affitto e spese non ce la farò, anche se vivo in condivisione con altre 4 persone. Mi ha preso lo sconforto, mi consolava solo pensare che avrei avuto un numero inferiore di bambini da seguire, con la possibilità di concentrarmi su pochi. Una magra consolazione che è svanita quando mi hanno comunicato le assegnazioni.

Il numero di ore per ognuno è stato drasticamente ridotto, tanto da impedire ad alcuni alunni di frequentare la scuola a tempo pieno. Chiedo spiegazioni ai miei responsabili. Ricevo rassicurazioni imbarazzate, forse le ore verranno incrementate, ci sono da aspettare i tempi burocratici del Comune, forse fra qualche mese ci sarà un aumento. Quindi forse chissà quando mi aumenteranno anche le ore del contratto? Forse. Intanto si lavora con 2, 3 o 4 ore settimanali a bambino. Avere un contratto a 20 ore significa seguire dai 7 ai 10 bambini. Come farò? Mi ritrovo con uno stipendio ridotto e un carico di lavoro aumentato, un lavoro di cui svanisce il senso stesso. Come costruire una relazione educativa trascorrendo con ognuno 2, 3 o massimo 4 ore a settimana? Parliamo di un servizio rivolto ad alunni e alunne in situazioni critiche. Come potrò assumermi la mia responsabilità professionale e garantirgli il supporto di cui hanno bisogno?

Intanto, ad oggi, molti bambini e bambine per mancanza di copertura sono costretti a frequentare la scuola con un orario ridotto. Questi minori sono in primis degli studenti e noi, insieme agli insegnanti di classe e di sostegno, collaboriamo per garantire loro il diritto allo studio, un diritto costituzionale non garantito dall’alto. Ci sentiamo un po’ come Don Chisciotte, tanto lavoro per nulla! Ho sempre lavorato nel sociale, ho una laurea magistrale, faccio l’educatrice nelle scuole. Il mio datore di lavoro è una cooperativa sociale che mi fa contratti da settembre a giugno. Sono stanca di assistere alla violazione dei diritti fondamentali, ai tagli alla spesa sociale che si traducono in bassa qualità dei servizi, con alunni abbandonati a loro stessi o costretti a orari di frequenza della scuola ridotti, e in mancanza di tutele per chi con loro lavora quotidianamente, impossibilitato a svolgere la propria mansione, umiliato sia da un punto di vista professionale che retributivo.

Questa lettera è un grido: Siamo lavoratori, non eterni “ragazze e ragazzi in attesa di un lavoro vero”, vogliamo che sia riconosciuto il nostro lavoro così come vogliamo che siano rispettati i diritti dei minori in situazione di bisogno con cui vorremmo poter lavorare in condizioni degne.

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