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29th Maggio
2017
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SABATO 10 GIUGNO 2017 ORE 10

PIANO TERRA – via Confalonieri 3 – MILANO –

(fermata Isola metropolitana lilla)

SIAMO OVUNQUE:

RICOMPONIAMO LE TRAME,  UNIAMO LE LOTTE !

Nel cuore della gentrificazione milanese, in mezzo ai grattaceli del quartiere Isola, al Piano Terra di via Confalonieri 3, esiste da 5 anni uno spazio autogestito, liberato da studenti, lavoratori, precari; uno spazio che da 3 anni ospita anche la Rete Milanese Operatori Operatrici Sociali e che SABATO 10 GIUGNO 2017 sarà lieto di ospitare l’8°INCONTRO NAZIONALE DELLA RETE OPERATORI SOCIALI. I lavori cominceranno alle ore 10.00 e termineranno intorno alle 17.00, pausa con pranzo compresa.

Il 10 giugno sarà l’occasione per fare il punto dell’anno che è stato, nei vari territori, e socializzare strumenti e pratiche di lotta.

Sarà l’occasione per conoscere e ragionare collettivamente su altri percorsi, sviluppatisi in questi mesi, a partire da una critica di chi lavora nel sociale a fianco delle fasce sociali più deboli e sfruttate, nel tentativo di coniugare diritti e dignità per chi lavora e per le persone con cui si lavora, si pensi alle assemblee contro la legge Minniti-Orlando di Roma e Bergamo, di questa primavera.

Poco più di un anno fa, a Roma, nel 7° incontro nazionale, si sono approfonditi discorsi su Legge Iori-Binetti 2656, linee giuda per la costruzione di capitolati d’appalto non al “massimo ribasso”, istanze e rivendicazioni, dalla parte dei lavoratori/trici, in tema di contratti nazionali. Questioni grosse, tutt’ora aperte, sulle quali, nei mesi che sono seguiti al quel 30 aprile 2016, sono state avviate campagne nazionali: #CAMBIAMOLALEGGEIORI e mobilitazioni territoriali contro i tagli, in difesa della qualità dei Servizi e delle condizioni di lavoro. Sono state battaglie importanti, talvolta totalmente autorganizzate da operatori, altre volte costruite insieme a sigle sindacali di base e sostenute legalmente.

Il 10 giugno sarà anche l’occasione per stabilire quale continuità dare ai percorsi già avviati e su quali aspetti generali costruire coordinamento e mobilitazioni nazionali future; sarà l’occasione per riaffermare il senso e le modalità d’azione di una Rete nazionale autorganizzata di lavoratori e lavoratrici del sociale.

Già sono arrivate alcune adesioni da un paio di realtà milanesi, da Mantova, Bologna, Genova, Roma. A tutti e tutte i lavoratori e le lavoratrici della categoria è aperto l’invito e il compito di chiamare altri/e colleghi e colleghe a portare il proprio contributo:

Operatori sociali di tutto il paese!

Fate circolare la voce, parlatene coi colleghi, pubblicate questa convocazione,

mandate spunti e proposte che verranno inseriti all’interno del programma!

Chiamateci per altre info logistiche

FB Operatori Sociali       BLOG operatorisociali.noblogs.org   tel. 3494003954

    

PROGRAMMA DELLA GIORNATA

MATTINA: faremo il punto sui lavori della Rete e sulle situazioni territoriali

10.00 – 10.30

arrivi, accoglienza, caffè, presentazioni

10.30 – 13.00

  • resoconto delle campagne nazionali portate avanti negli ultimi 12 mesi

  • raccolta delle recenti esperienze territoriali (con l’obiettivo di far emergere strumenti politici e dispositivi organizzativi utili a tutti i lavoratori del settore)

  • inquadramento generale delle politiche sociali; trasformazioni del welfare; mercato del Terzo Settore

13.00 – 14.00

pausa pranzo e intervallo (partecipazione e offerta libera)

POMERIGGIO: come rilanciare la Rete; come sostenere le realtà territoriali.

La proposta è quella di una prima parte di lavoro in sottogruppi e una plenaria finale.

14.00 – 16.00

ragionamenti e produzioni su:

1) contratti nazionali: come intervenire in sede di contrattazione e rinnovo

2) capitolati e gare d’appalto: come puntare alla difesa e al miglioramento del Servizio

3) strumenti e forme di lotta: autorganizzazione e coordinamenti territoriali e nazionali

15.45 – 16.00

pausa e intervallo

16.00 – 17.00/17.30

Plenaria conclusiva: condivisione dei ragionamenti dei sottogruppi;

accordi sulla prosecuzione del percorso nazionale;

indicazioni utili per le realtà territoriali.

Commenti disabilitati su 8° INCONTRO ReNos: Rete Nazionale operatori sociali
13th Maggio
2017
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Pubblicato: maggio 6, 2017 in Educazione e Politica, Educazione e Potere, Luoghi Pedagogici, Pedagogia e Politica, Sarno Pedagogia, Scuola ed Educazione Tag:, , ,

Gentilissimo Matteo,

ho deciso di scriverle per aiutarla a capire, forse perché gli educatori e le educatrici partono sempre dal presupposto che ci sia spazio per cambiare, per fare un passo indietro e addirittura per ammettere di aver sbagliato. Per noi c’è sempre spazio per riparare, insomma, anche quando come nel suo caso, lo spazio pare non esserci. Siamo fatti così. Quasi tutti. Non ci arrendiamo all’idea che non ci sia nulla da fare. E’ una delle nostre forze.

Le scrivo perché martedì 2 maggio, durante l’intervento della polizia in Stazione Centrale a Milano, lei ha insultato gli educatori, una categoria intera di uomini e donne che fanno un lavoro delicato.

Un lavoro, capisce Matteo?

Uno di quei lavori per cui ci si prepara, si studia e poi si va a lavorare. Un lavoro serio. Non c’è nulla da ridere, insomma.

Le scrivo perché questa categoria di persone è preziosa, per tanti cittadini, famiglie, ma anche per lei, perché il lavoro educativo ha un impatto sociale e indirettamente produce un effetto anche su chi, da lontano e dal suo pulpito, lo svaluta come ha fatto lei.

Le scrivo perché il rispetto è importante, rispetto delle persone, delle competenze e dei ruoli. Il rispetto è ciò che portiamo noi alle persone che incontriamo, un rispetto che pare invece mancare altrove. Il rispetto per un lavoro delicato, difficile, mal pagato e a volte anche rischioso. Il rispetto per una categoria di professionisti che accompagna adulti e bambini dentro le loro difficoltà, nelle loro sofferenze e dentro esperienze che nessuno vorrebbe mai affrontare. Lo stesso rispetto che le è mancato martedì 2 maggio 2017.

Le scrivo perché la nostra società rimane in piedi, anche grazie al lavoro di tanti educatori ed educatrici, che aspettano il rinnovo di un contratto da 5 anni. Professionisti che continuano a far bene il loro lavoro nonostante altri  (lei compreso) in questi anni abbiano fatto poco per risolvere i problemi di un categoria intera, se non tagliare servizi e quindi opportunità di lavoro.

Le scrivo perché mentre lei girava i suoi video c’erano persone che si prendevano cura degli altri, di anziani, persone con disabilità, adolescenti all’interno dei circuiti penali, minori non accompagnati e minori maltrattati e abusati. Famiglie intere in situazioni di fragilità. Le scrivo perché lei non sa nulla di educazione professionale e perché uno dei nostri obiettivi è anche quello di informare e aiutare le persone a capire. Facciamo anche questo. Orientiamo le persone nei loro percorsi di vita. Ci proviamo, proprio come sto facendo io con lei. Poi sta ad ogni persona provare a capire, prendere e costruire la propria strada.

Come dire Matteo, io provo a spiegarle, poi se non capisce è tutta responsabilità sua.

Le scrivo senza giudicarla, perché è quello che facciamo noi. Non giudichiamo le vite degli altri, le ascoltiamo, le accogliamo e poi proviamo, insieme a cambiare direzione. Impariamo continuamente dagli incontri che facciamo e lo facciamo perché il nostro lavoro è prezioso e soprattutto delicato. Delicato proprio come il suo.

Scrivo a lei, ma potrei farlo con tanti suoi colleghi, gli stessi che nel silenzio di questi anni, han svalutato il nostro lavoro, occupandosi sempre di altre questioni. Gli stessi suoi colleghi che si sono assunti la responsabilità di produrre sul nostro sistema sociale ed educativo parecchi danni. Soprattutto in alcune regioni.

Scrivo a lei come potrei scrivere a quei cittadini che parlano del mio lavoro non sapendo nulla. Scrivo a lei perché la sua fragorosa risata di martedì è offensiva e credo che lei se ne debba assumere la responsabilità. Sarà in grado di farlo? Fino ad oggi pare di no.

Scrivo a lei soprattutto perché ha una responsabilità politica e quindi ha anche una grande responsabilità rispetto a ciò che fa e dice. In questo caso si è preso l’onere di insultare una categoria intera di professionisti e professioniste. Ci tenevo a farglielo sapere.

Il popolo che ha umiliato con quella risata è un popolo misto, religioso e laico, proveniente da differenti estrazioni sociali ed età. Persone che si sono formate, hanno letto, ascoltato e continuano a farlo. E’ un popolo eterogeneo, fatto forse anche di persone che avrebbero voluto votarla alle prossime elezioni. E’ un popolo che spero ricordi le sue parole e la sua risata.

Siamo però un popolo resiliente, abituato a prender botte e insulti. Abituati anche, aimè, a non essere riconosciuti e a lavorare sulla propria identità professionale. Ma siamo anche un popolo che non si fa umiliare facilmente. Le è andata male questa volta.

Le scrivo spinto da un desiderio individuale, non cerchi connessioni con associazioni di settore, partiti o movimenti. Le scrivo da educatore. Questo faccio e questo farò nei prossimi anni. Giusto per anticipare ogni possibile, suo e di altri, desiderio di strumentalizzare questo post. Non è un attacco politico. E’ un tentativo di aiutarla a capire che quando non si sa nulla di un argomento si possono fare due cose: informarsi e chiedere a chi ne sa, oppure si può anche decidere di tacere. Non è indispensabile, insomma, occuparsi di tutto.

Le scrivo, infine, perché il lavoro educativo è un lavoro bellissimo. E’ il mio lavoro e io non permetto che venga svalutato, né da lei né da altri.

Chiudo rimandandole un concetto che considero molto importante: gli educatori e le educatrici sono un popolo che si assume, tutti i giorni, responsabilità che lei nemmeno immagina. Un popolo che avrebbe da insegnarle, almeno sulla responsabilità, molte cose, questo glielo posso assicurare.

Christian Sarno – Educatore  Professionale.

Per chi se lo fosse perso. Ecco il video

Commenti disabilitati su Caro Matteo, due o tre cose che lei non sa sugli educatori
28th Aprile
2017
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CORTEO VIA PADOVA

con partenza ORE 11 da via Esterle, 15

NE’ MISSIONARI NE’ POLIZIOTTI

SIAMO LAVORATRICI E LAVORATORI DEL SOCIALE

Siamo lavoratrici e lavoratori, per lo più del privato sociale, lavoriamo per piccole o grandi cooperative, associazioni, fondazioni… per tutti quegli enti del Terzo Settore che ormai, quasi esclusivamente, si occupano della gestione dei Servizi Sociali, occupando quegli spazi del mercato sociale di cui il welfare pubblico, in continuo smantellamento, non si occupa più. Lavoriamo con bambini, giovani, adulti, anziani, nativi, migranti, normodotati o diversamente abili nelle scuole, nelle comunità, nei centri diurni, nei centri d’accoglienza, per strada, in carcere o in ospedale…

Il nostro compito sarebbe quello di sostenere, curare e accrescere le potenzialità di ciascuno, la costruzione di soggettività, l’affermazione e l’emancipazione di un proprio ruolo sociale, lavorare per una reale inclusione sociale di tutti e tutte.

E invece, sempre più ci è richiesto di contenere i comportamenti problematici e antisociali, di inculcare e controllare il rispetto delle regole di un sistema che genera sfruttamento, precarizzazione ed esclusione; ci viene richiesto di essere coloro che, per ordine di una prefettura, consegnano fogli di via e di respingimento a richiedenti asilo, per ordine di un ufficiale giudiziario o di polizia assistono famiglie con bambini durante l’esecuzione di uno sfratto, per ordine di un’amministrazione comunale promuovono progetti di lavoro gratuito a disoccupati. SIAMO OPERATORI SOCIALI NON POLIZIOTTI, NE’ CONTROLLORI.

E tutto questo in condizioni lavorative di reale sfruttamento, sottopagati, con decine di contratti differenti, scaduti da anni, finte partite iva, ore di lavoro gratuito, spesso senza sostegni adeguati di tipo psicologico, rincorrendo criticità in costante emergenza perché sottorganico a causa dei tagli ai Servizi… con un aumento delle richieste di professionalizzazione che vanno dal titolo di studio all’assunzione di responsabilità sempre maggiori dal punto di vista educativo, clinico, sanitario, giuridico… SIAMO LAVORATORI NON MISSIONARI, NE’ VOLONTARI.

Centrali Cooperative, Comuni, Regioni, Stato, con i loro sindacati firmatari, sono responsabili delle nostre condizioni di lavoro. Ma allo stesso tempo i responsabili di questa situazione siamo anche noi, lavoratori e lavoratrici, ogni volta che ci tappiamo gli occhi, il naso, le orecchie, che cediamo ai ricatti o accettiamo proposte di lavoro indecenti.

Dobbiamo prendere coscienza delle nostre condizioni, organizzarci con altri colleghi, anche di altri Servizi… poiché seppur frammentati… non siamo soli.

VOGLIAMO CHE VENGA RICONOSCIUTA LA NOSTRA PROFESSIONALITÀ E IL NOSTRO LAVORO,

SIA PER NOI CHE PER LE PERSONE CON CUI LAVORIAMO,

PER POTER OFFRIRE E GARANTIRE REALMENTE UN SERVIZIO UTILE E DI QUALITÀ.

Come RETE AUTORGANIZZATA OPERATORI OPERATRICI SOCIALI MILANO supportiamo le lotte e le rivendicazioni di tutti gli operatori, utenti, cittadini che si organizzano per la tutela e il miglioramento delle condizioni di lavoro e di qualità all’interno dei Servizi, contro i tagli, contro logiche di profitto e di risparmio che tolgono diritti di assistenza e tutela alle fasce piu’ deboli della popolazione.

Invitiamo tutti/e a partecipare alle nostre assemblee periodiche (che vengono comunicate su blog e pagina fb operatorisocialimilano), siamo disponibili a muoverci verso quei territori, servizi, o spazi sociali dove si vogliono condividere strumenti di conoscenza, di organizzazione, di mobilitazione per la difesa dei Servizi, per la ricomposizione di una classe di lavoratori e lavoratrici precari del sociale, per combattere la precarizzazione.

AUTONOMIA PERSONALE ED EMANCIPAZIONE SOCIALE

CONTRO LE LOGICHE DI PROFITTO E DI SPECULAZIONE

SULLA PELLE DEI LAVORATORI E DEGLI UTENTI DEI SERVIZI.

Commenti disabilitati su 1 MAGGIO CONTRO LE NUOVE SCHIAVITU’
17th Aprile
2017
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GIOVEDI 20 APRILE 2017 DALLE 16.30 ALLE 20.00

VIA BIXIO, 19 P.TA VENEZIA,  MILANO INIZIATIVA PUBBLICA                                                          DEGLI OPERATORI E OPERATORI SOCIALI INSIEME RAGAZZI DEI C.A.G.

PER LA DIFESA DELLA QUALITA’ DEL SERVIZIO, CONTRO LE RECENTI                                     SCELTE AZIENDALI DELL’ ASSOCIAZIONE FANCIULLEZZA

Un taglio al personale non è solo una questione di numeri, significa tagliare sulla qualità del Servizio, significa non essere responsabili dei rapporti e della cura delle persone che usufruiscono di quegli stessi servizi.                                 L’associazione Fanciulezza che gestisce i C.A.G. Punto&Virgola e Lambrateam ha deciso di tagliare:                              dopo quattro anni di collaborazione, scanditi da diversi rinnovi e proroghe contrattuali, vissuti nell’incertezza della precarietà e nell’ambiguità di promesse contraddittorie, nel momento in cui l’assunzione della collega Federica, sembra la scelta più adeguata per l’equipe, per il progetto che si stava portando avanti coi giovani del territorio….   e nel momento, in cui le nuove leggi sul lavoro non davano più l’opportunità, ai datori di lavoro, di un’ennesima propoga… taaaccc l’azienda decide di lasciare a casa Federica!

Stavolta non si tratta di un taglio economico del Comune, neppure di un Servizio a perdere o sottoutilizzato, anzi, l’attuale gruppo di lavoro ha portato, negli ultimi anni, finanziamenti e riconoscimenti per tutta l’azienda…. ops associazione, come mai prima, pur lavorando, per tanto tempo, in situazione di emergenza perchè sotto organico. L’atteggiamento sembra essere quello di voler disinvestire su alcuni Servizi ( o “rami d’azienda) come l’aggregazione giovanile, che ha un grande valore e funzione di educazione alla prevenzione del disagio.                    Le ragioni della scelta????   Gli operatori chiedono trasparenza riguardo alle scelte d’investimento e progettualità, che invece pare siano mancate.  Per le tasche di chi gestisce il Terzo Settore “PREVENIRE NON E’ AFFATTO MEGLIO CHE CURARE”. Senza lungimiranza e interesse verso il benessere dei cittadini, si decide che sia meglio sfruttare l’equazione: emergenzialità=finanziamento… e “fin che ce n’è viva il re!”; non solo di Fanciullezza si parla, anzi, di una tendenza nazionale.

In generale crediamo che gestire servizi educativi con le stesse logiche aziendali di profitto sia una dinamica che si scontra fortemente con gli interessi e i bisogni dell’utenza… e in particolare crediamo che nemmeno nel peggior aziendalismo spersonalizzante si taglino i rami più vivi, i reparti più attivi e produttivi, le risorse umane più giovani ed entusiaste.

Chiamiamo pubblicamente a partecipare all’ INIZIATIVA PUBBLICA DI GIOVEDI 20 APRILE ORE 16.30 colleghi, utenti, cittadini, sia per portare solidarietà alle lavoratrici, ai lavoratori e ai ragazzi dei C.A.G. e alla loro battaglia in difesa della qualità del Servizio e della continuità educativa, sia per sostenere l’idea che i servizi socio-educativi, a maggior ragione quelli operanti con le giovani generazioni, siano un bene comune da difendere, tutelare e accrescere, in quantità e qualità.

La Rete Operatori Operatrici Sociali Milano ci sara’! Speriamo di essere numerosi/e!

Commenti disabilitati su #NONsiamoNUMERI #FANCIULLEZZAripensaci
1st Marzo
2017
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Lotto Marzo_vol_def

LA RETE OPERATRICI E OPERATORI SOCIALI MILANO                                                                                                               aderisce e sostiene lo sciopero globale dell’ 8 marzo 2017


CURA: SOSTANTIVO FEMMINILE DI COSA?

La nostra categoria è in grande maggioranza femminile… Questo mostra come il lavoro di cura sia ancora relegato e delegato alla donna. Guarda caso questo è uno dei lavori più sottopagati e meno riconosciuti a livello professionale. Vogliamo salari più alti e non essere costrette/i a lavorare in mille e uno servizi, che ci impegnano dalla mattina alla sera, per arrivare ad un tempo pieno. In queste condizioni siamo private/i del tempo per la nostra cura, socialità e affetti! Vogliamo che cessino questi tagli sempre più selvaggi allo stato sociale che portano allo smantellamento di interi Servizi. La cura è bella se vuol dire relazione, scambio, riconoscimento di sé e dell’altro/a, crescita individuale e collettiva NON precarietà, sfruttamento, stress, svalutazione, controllo e contenimento… questa è violenza. La cura è di tutte/i e a tutte/i dev’essere garantita, come il salario, come il welfare.

Il corteo studentesco e delle lavoratrici/ lavoratori partirà alle 9.30 Da Largo Cairoli e finirà sotto il Palazzo della Regione Lombardia con un presidio

L’otto Marzo scioperiamo con lo scopo di bloccare le attività produttive e di cura.

CI VEDIAMO DIETRO ALLO STRISCIONE DELLA RETE OPERATRICI E OPERATORI SOCIALI

FB Operatori Sociali Milano

operatorisocialimilano@inventati.org

operatorisociali.noblogs.org

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26th Febbraio
2017
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DA COSA PASSA IL RICONOSCIMENTO DELLA PROFESSIONALITÀ DELL’OPERATORE SOCIALE?

La legge Iori-Binetti 2656 è giunta all’ultimo passaggio della sua approvazione definitiva in parlamento.

Cosa succederà da qui in avanti? Che finalmente la categoria dei lavoratori del sociale assumerà un nuovo riconoscimento all’interno del mercato del lavoro e dei Servizi? Che verrà definito chi sono, cosa fanno, quanto necessari sono? Che ci saranno nuovi investimenti, pubblici e privati, sui Servizi territoriali? Che il nostro contratto nazionale, scaduto ormai dal 2012, verrà preso finalmente in considerazione e si stabilirà un salario dignitoso per una categoria sfruttata e sottopagata? Che finalmente, con la definizione di un curriculum formativo universitario la nostra professione e la nostra categoria di lavoratori possano acquisire la meritata dignità sociale?

Queste sembrano le volontà sottese, eppure siamo molto preoccupati da quello che ci attende, a fronte delle insoddisfacenti risposte sulla reale attuazione e il reale impatto che la legge Iori-Binetti porterà nel lavoro quotidiano.

Più ci guardiamo attorno e più questa proposta di legge ci appare in contraddizione con la realtà dei Servizi alla persona e con le condizioni professionali di chi ci lavora in esso.

Una realtà che vede educatori scolastici che lavorano senza un’equipe e con ore di programmazione tendenti a zero, educatori abbandonati sul territorio a gestire gruppi in solitudine, senza una sede, un luogo fisso in cui poter svolgere le attività, colleghi che per mesi non vengono pagati, che fanno turni di notte “passivi”, non retribuiti, educatori che utilizzano le loro molteplici competenze per poter offrire un lavoro di qualità. Tutto questo in una realtà che continua a seguire la logica delle esternalizzazioni al ribasso e si concretizza in situazioni di grave precarietà lavorativa, rispetto ad un sempre maggior bisogno di risposte sociali ed educative. Non possiamo fare altro che chiederci se non siano proprio queste condizioni, così profonde e incancrenite da non essere più notate come invalidanti, a togliere la dignità non solo alla professione di operatore sociale, ma anche a chi stesso la svolge.

Nella complessità del “Welfare-Wild-West”, fa nascere dubbi e domande l’avvento di una legge che risulta slegata dal contesto in cui lavoriamo e dalla concretezza delle condizioni. Una legge che parla di università, di crediti e di mansioni ulteriori da acquisire, mai di tutele e riconoscimenti per i lavoratori, rischiando altresì di aggiungere ulteriori oneri economici ad una delle categorie in assoluto meno pagate in Italia.

Non riteniamo sia sbagliato puntare sulla formazione e sulla professionalizzazione degli educatori, tutt’altro, ma perché non investire sul diritto di formazione, sugli obblighi formativi annuali e non valorizzare in maniera ufficiale i percorsi di formazione continua? Perché rinforzare e riconoscere solo e soltanto i percorsi universitari come professionalmente formativi, consolidando sempre più gli interessi politici ed economici dell’accademia, anche in relazione alla fallita unificazione dei percorsi formativi in ambito sociale e sanitario, ignorando quindi le direttive europee?

Quest’ultimo punto ci sembra infatti l’elemento più contraddittorio e difficile da accettare della proposta di legge, insieme all’irrispettosa scelta, a cui finora nel concreto ufficialmente mai è stata proposta un’alternativa, di scaricare sulle spalle del singolo lavoratore l’onere economico del corso universitario obbligatorio da 60 crediti, previsto per chi, da norme transitorie, vorrà prendere l’equipollenza.

Il primo riconoscimento che serve alla categoria degli educatori è certo il riconoscimento della professionalità, ma non limitato al percorso accademico precedente allo svolgimento della professione, bensì di pari passo esteso obbligatoriamente ad un adeguato riconoscimento economico, bilanciato anche alla richiesta vincolante di un titolo di laurea e in linea con gli altri paesi europee paragonabili per livello economico e costo della vita al nostro, ed al miglioramento delle condizioni di lavoro e della qualità dei servizi.

Ricentriamo il dibattito su quello che veramente manca, da decenni, nel settore del lavoro sociale: un investimento in termini economici e di pensiero, che possa garantire veramente condizioni di lavoro dignitoso e un servizio di qualità per l’intero tessuto sociale.

L’affermazione forte del nostro bisogno di senso, rispetto, valore e qualità, come educatori, lavoratori e persone, passa già attraverso un dialogo aperto, confronti e dibattiti sui territori, attraverso insomma una linea di discussione che attraversa l’intero paese e costruisce un’unità e una mobilitazione nazionale che si sta preparando ad emergere in maniera prorompente.

Rete Nazionale Operatori Operatrici Sociali.

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22nd Ottobre
2016
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La Rete operatori operatrici sociali è solidale con i lavoratori e le lavoratrici di Martinitt e Stelline                                   e invita alla partecipazione del presidio di LUNEDI 24 OTTOBRE ORE 16.30 sotto palazzo Marino a Milano.

Gli operatori del Servizio in questione rivendicano la stabilità dei contratti precari, all’interno di un servizio storico per la città di Milano, un Servizio che necessita, come tutti i servizi socio educativi, continuità educativa per poter costruire qualità pedagogica.

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22nd Ottobre
2016
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presidio-lav-martinitt

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11th Settembre
2016
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2014-07-03 18.37.34

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11th Settembre
2016
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BREVI NOTE SUL DISEGNO DI LEGGE IORI E RIFORMA DEL TERZO SETTORE

Il 21 giugno 2016 la Camera dei Deputati ha approvato il Disegno di Legge presentato dall’on. Iori e altri deputati per la “disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista” rimandandolo al Senato per l’approvazione definitiva1. La legge si propone di regolare in modo chiaro l’esercizio di professioni di carattere educativo finora regolamentate in modo parziale e incompleto, a tutela degli educatori stessi e dei cittadini a cui essi rivolgono il proprio lavoro e dunque dell’intera collettività.

Se sul principio di carattere generale – qualificare il lavoro sociale – tutti gli osservatori e gli attori coinvolti paiono d’accordo, diverse critiche sono state sollevate da gruppi organizzati di operatori sociali, oggetto della legge stessa, attraverso la Rete Nazionale degli Operatori Sociali (ReNos)2.

Le obiezioni sollevate dalla Rete riguardano principalmente: a) la mancata integrazione delle diverse competenze educative in un unico profilo; b) la scarsa considerazione dell’esperienza sul campo e della formazione maturate dagli operatori attualmente privi di titolo (con il relativo rischio della perdita di centinaia di posti di lavoro); c) il rischio che siano esclusivamente gli operatori a dover pagare il costo (economico e di tempo) del loro adeguamento formale alla nuova normativa. La Rete pone inoltre importanti questioni relative alla visione del welfare che questa legge lascia intravedere e alle prospettive di sviluppo del sistema italiano di assistenza e protezione sociale. A partire da queste critiche e questi interrogativi, la Rete degli Operatori chiede sostanziali modifiche della Legge3.

In questo breve intervento vogliamo portare l’attenzione su un aspetto trascurato dal dibattito, eppure centrale per la possibilità di realizzare un lavoro sociale basato sulla professionalità e dunque sul rispetto dei cittadini (siano essi “utenti” o lavoratori del settore). Si tratta della difficoltà, già in atto e non menzionata nel disegno di legge Iori, a praticare un lavoro sociale di qualità derivante dal costante disinvestimento economico e culturale nel welfare, in particolare a partire dallo scoppio della crisi del 2008.

Da prospettive diverse, recenti ricerche sul welfare italiano hanno portato l’attenzione su questo aspetto e hanno sottolineato il crescente scarto tra la qualificazione (formale e informale) dei lavoratori e le condizioni dei servizi, pubblici e privati, in cui si trovano a lavorare.

I tagli e le riorganizzazioni dei servizi hanno modificato profondamente le condizioni di lavoro degli operatori. A partire da una drammatica sproporzione tra i bisogni sociali espressi dai cittadini e risorse impiegate per affrontarli e risolverli, si trasformano sia le pratiche degli operatori nella relazione con i cittadini sia le pratiche delle cooperative e imprese sociali nella relazione con gli operatori.

In primo luogo si afferma la concentrazione delle risorse e del lavoro sulle emergenze conclamate (vere o presunte) ridimensionando drasticamente la dimensione preventiva del lavoro sociale. In secondo luogo vengono ugualmente ridotte o eliminate le ore dedicate alle forme di supporto per gli operatori quali la supervisione, le equipe e la formazione. Queste funzioni, decisive per la qualificazione del lavoro e per la capacità degli operatori di non essere travolti dalle emergenze che fronteggiano, vengono considerate le prime a poter essere tagliate in tempi di ristrettezze economiche. Il dato più chiaro in questo senso viene dal preoccupante ritorno degli affidamenti diretti e delle gare al massimo ribasso che spingono in maniera drastica verso la riduzione di tutte le ore di lavoro non a diretto contatto con l’utenza (ad esempio il Comune di Milano non riconosce alle cooperative le cosiddette “ore indirette” di servizio). Dopo una precisa disamina di queste e di altre dinamiche in atto, un gruppo di autorevoli studiosi e osservatori del welfare italiano conclude così la propria analisi del lavoro sociale:

La riduzione delle risorse dedicate agli interventi e la discontinuità dei flussi di finanziamento incide negativamente sulle effettive possibilità di realizzare interventi e servizi adeguati. Tutto ciò mette fortemente in discussione il senso stesso del lavoro sociale e riconduce l’intero settore ad essere basato più sulla spinta motivazionale e sulla buona volontà del singolo, che non sul riconoscimento e valorizzazione della professionalità come elemento centrale per un welfare di qualità.4

Secondo questi autori, le condizioni e la dignità del lavoro sociale sono “a rischio di arretramento”, nel contesto di un sistema di welfare segnato da quattro tendenze: schiacciamento del ruolo del Terzo Settore sulla pura erogazione di servizi; rischio di fuga degli enti di Terzo Settore erogatori di servizi sociali verso campi di investimento sociale più ricchi, primo tra tutti quello abitativo e della sanità; forte ritorno del mercato sommerso dei lavori di cura; progressivo ritorno della logica e della pratica della beneficenza a scapito di culture e pratiche dei diritti e della professionalità sociali.

Tralasciando in questa sede le gravi conseguenze di questa dinamica sulla condizione e i diritti effettivi dei cittadini, e in particolare dei cittadini più poveri e in difficoltà che rischiano di rimanere gli unici utenti di un welfare locale pubblico sempre più degradato, vogliamo portare l’attenzione su cosa questo significhi per gli operatori stessi.

Un recente lavoro basato sul metodo della socioanalisi narrativa ovvero della co-costruzione della ricerca tra ricercatori e “oggetti della ricerca” ha indagato le condizioni di lavoro nel Terzo Settore, facendo emergere esperienze e analisi taciute dalla retorica prevalente su questo ambito lavorativo, dipinto come un’isola di solidarietà e cooperazione nelle nostre società individualizzate ed egoiste. Al contrario il libro dimostra come il Terzo Settore sia per certi aspetti all’avanguardia nella mobilitazione (sottopagata quando non addirittura gratuita) dell’intera personalità del lavoratore per fare fronte alle richieste del cliente (cittadino pagante o Ente pubblico) senza porre limiti né domande. La buona causa che si starebbe servendo soddisferebbe da sola le esigenze di dignità contrattuale e lavorativa che la convenzione o l’appalto non permettono di rispettare. Tra i tanti temi toccati dal libro che è uscito da questo percorso di ricerca, vorremmo sottolineare quello relativo al modo in cui il lavoratore sociale, al momento dell’assunzione o dell’avvio del lavoro in un determinato servizio, riceve il proprio mandato da parte del datore di lavoro:

Le storie riguardanti il colloquio mettono in evidenza tre caratteristiche della selezione: la professionalità incerta e flessibile, la centralità dell’attitudine e della disponibilità, la retribuzione precaria e sottopagata.

Si vuole dire che la selezione del personale, così come l’abbiamo vista all’opera nel momento saliente dei colloqui di assunzione, non è interessata a verificare una precisa definizione professionale ma punta invece a reclutare una manodopera sostanzialmente disponibile a svolgere più funzioni dall’incerto contorno: trattenimento, intrattenimento, badanza, accompagnamento, controllo. Questa selezione, dunque, sembra più preoccupata di reclutare lavoratori generici, polifuzionali e soprattutto “disponibili” da impiegare, di volta in volta, dove la situazione lo richiede.5

Emerge dunque la diffusione di modalità di lavoro e di selezione e formazione del personale che incentivano e premiano attitudini generiche del lavoratore quali la disponibilità, la flessibilità oraria, la fedeltà all’organizzazione, la disponibilità a prestare lavoro volontario (perdonate l’ossimoro!). Sotto la pressione di risorse insufficienti e mancanza di coordinamento tra i diversi servizi, il “bravo lavoratore” non è quello qualificato, che magari esige condizioni lavorative adeguate sia in termini di retribuzione sia in termini di serietà del lavoro da svolgere, ma quello che riesce a far funzionare le cose senza porre questioni, siano esse organizzative rispetto al servizio o politiche rispetto alle tendenze complessive o al sistema di scambio che regola il rapporto tra mondo politico-amministrativo e Terzo Settore.

Dunque l’insufficiente finanziamento del welfare locale da un lato e la diffusione di forme sempre più generiche e precarie di lavoro sociale, soprattutto nel Terzo Settore, dall’altro rappresentano le principali minacce alla qualità del lavoro sociale. Si tratta di problemi che eccedono l’oggetto formale del disegno di legge Iori ma che sono al cuore del mondo cui questa legge si rivolge.

Occorre dunque ragionare e vigilare affinchè non solo, come ricorda la ReNOS, non siano i lavoratori sociali a pagare il prezzo di un decennale vuoto istituzionale, ma anche perché l’enfasi sulla qualificazione formale dei lavoratori sociali non sia usata per mascherare i processi strutturali in atto che svuotano di senso e di qualità il lavoro sociale e i diritti formali dei cittadini. Si tratta di un compito difficile che va probabilmente svolto con lo sguardo in avanti e al riparo da una logica di pura difesa categoriale. Occorre riaprire la domanda su cosa sia il lavoro sociale e su che rapporto intrattenga con i sogni e i progetti di trasformazione della società che ne hanno caratterizzato la nascita.

Nell’attuale fase di ulteriore svolta imprenditoriale del lavoro sociale, indicata dalla recente riforma del Terzo Settore6, sono più che mai necessarie analisi, riflessioni, sperimentazioni e costruzioni di reti dal basso tra operatori e tra operatori e utenti che indichino la via di un modo altro di svolgere “con competenza” il lavoro di educatore.

Milano, settembre 2016

Maleducatore

4

C. Gori, V. Ghetti, G. Rusmini, R. TIdoli, Il welfare sociale in Italia. Realtà e prospettive, Carocci ed., 2014, p. 203

5

R. Curcio, (a cura di), La rivolta del riso. Le frontiere del lavoro nelle imprese sociali tra pratiche di controllo e conflitti biopolitici, ed. Sensibili alle Foglie, 2014

6

La riforma del Terzo Settore è stata approvata in via definitiva il 25 maggio 2016: http://www.camera.it/leg17/522?tema=riforma_del_terzo_settore

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